Le
agenzie di rating ci declassano continuamente, sprecando, con le loro A e le
loro B corredate di qualche meno o di qualche più, tutto l’alfabeto e i segni
dell’aritmetica (ma non potrebbero anche loro, santiddio, adoperare dei normali
numeri, come per i comuni voti di scuola?) mentre, dal canto loro, ministri e sottosegretari
si sgolano a rispondere piccati che in fondo l’economia, a guardarla bene… che
dopotutto, se si tiene conto di questo e anche di quello, ma al netto di
quell’altro, anche i nostri conti…
Certo.
Forse quelle agenzie non ci vogliono un gran bene (sentimento che, da parte
mia, ricambio volentieri); certamente non sono sempre serene, lucide nelle loro
analisi; è anche verosimile che le loro valutazioni siano viziate da altri più
o meno sotterranei interessi. E soprattutto - argomento principe - chi diavolo
sono costoro, quale democratica elezione, quale popolare suffragio ha conferito
loro il potere di giudicare, e col giudizio favorire o danneggiare questo o
quello, me compreso?
Va
bene, va bene tutto. Incarneranno pure ogni perversione, quelle agenzie, ma
fintanto che non riusciamo a sopprimerle, esistono. E può anche darsi che là
dentro qualcuno legga i giornali. Legge le notizie che ci riguardano, e forse
non solo quelle economiche. Ed ecco allora che magari gli scappa l’occhio su
vicende come quella, che tanta considerazione internazionale ci ha meritato,
della moglie e della bambina di un dissidente kazako imbarcate a forza su un
aereo diretto là dove, secondo l’International
Bureau for Human Rights, la donna «ha buone probabilità di finire in galera», dove «le condizioni di detenzione sono orribili» e dove «i pestaggi e le
torture sono frequenti» (www.corriere.it, 16.7.2013). Incuriosito, il nostro uomo vuol capire cosa
sia successo, il come e il perché, e con grande stupore scoprirà che i ministri
competenti per faccende di quel genere non ne sapevano nulla, ma proprio nulla.
Hanno fatto tutto i funzionari. Può succedere, nella terra dell’insaputa.
Prima
o poi l’uomo - sempre lui, quello del rating - si siederà alla scrivania e
deciderà delle A e delle B, dei meno e dei più coi quali dovrà procedere alla nostra
futura riclassificazione (l’ultima ci vede a BBB+). Con la testa tra le mani
comincerà a riflettere. Pensa e ripensa, gli verrà fatto di considerare che la
Shalabayeva e sua figlia non sono affar suo, visto che lui si occupa di
economia: ma che tuttavia l’economia italiana è comunque affidata a un governo
che nell’affaire Shalabayeva e figlia è pur sempre coinvolto, e se tanto mi dà
tanto, dirà… Han voglia allora gli esperti nostrani, i viceesperti, i tirapiedi
di prima, seconda e terza classe che, a battaglioni compatti, tenteranno di convincerlo
che può anche darsi che da noi qualche pasticcetto possa verificarsi - nessuno
è perfetto! - ma che questo riguarda tutt’al più questioni minori come una donna
o una bambina che, chissà poi perché, non vogliono essere espulse. E poi, alla
fin fine, non l’abbiamo revocata, l’espulsione? E allora? D’accordo: non prima
che partissero. L’abbiamo revocata dopo. Ma se si bada a ogni sciocchezza…
Quando però si tratta di economia, eh no, lì
siamo rigorosi. È l’uomo del rating che,
nel suo rozzo pressapochismo, fa di ogni erba un fascio. Immagina, pensa un
po’, che se siamo pasticcioni in una cosa potremmo forse esserlo anche in altre.
Ma come si fa a ragionare così? Si soffermi piuttosto, a proposito di economia,
sulla ferrea determinazione (che tutto il mondo ci invidia) con la quale
affrontiamo questioni come l’evasione fiscale o la corruzione, invece di
fissarsi su queste cosucce del Kazakhstan!
Qualche
giornale comincia anche ad avanzare l’ipotesi che il pasticcio non sia stato in
realtà un vero pasticcio ma passato per tale al fine di coprire dell’altro. Io non
ho elementi di giudizio e dunque non ne formulo alcuno, limitandomi a
registrare quello che si legge sulla stampa. Ma quand’anche così fosse, la
stessa copertura - così agevole da smascherare - sarebbe avvenuta in maniera
non meno pasticciata del pasticcio autentico.
Però
lui - sempre lui, quello dell’ABC, del meno e del più – siede incredulo e tetragono
alla sua scrivania. Dal già poco onorevole BBB+ dove ci trovavamo prima, ci ha
appena scaraventato a BBB. Bisognerebbe impedirgli di leggere i giornali, prima
che, influenzabile com'è da ogni minimo indizio di inaffidabilità, gli venga il ghiribizzo di sbatterci a BBB-, l’ultima tappa prima che i
nostri titoli, toccati dall’onta della lettera C, diventino junk bonds: che sarebbe, con leggiadra
espressione, “titoli spazzatura”.
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